I francobolli ungheresi sovrastampati “Fiume”
In alcune situazioni anche i francobolli sono serviti come strumento per battaglie politiche combattute senza esclusione di colpi.
Emblematico il caso della città di Fiume, sul finire del 1918, dopo l’armistizio seguito alla Grande Guerra.
Negli accordi stipulati dagli alleati, come noto, non era prevista alcuna disciplina circa il futuro destino della città ed il relativo controllo era conteso tra Italiani, ampiamente maggioritari tra la popolazione cittadina e Croati, decisi ad annetterla al neocostituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
I rispettivi schieramenti, in mancanza di autorizzazione allo sbarco dei militari italiani ed in attesa delle truppe alleate, si erano fronteggiati per settimane, in una situazione di forte incertezza e di confusione: gli italiani insediati nel Municipio, avevano issato il tricolore sulla Torre civica, sita in via del Corso, nel cuore cittadino; i Croati occupavano in armi il Palazzo del Governatore, sito a cento metri in linea d’aria, oltre a controllare buona parte del porto e della ferrovia.
Essi, inoltre, avevano i loro punti di forza a Susak, oltre i ponti sull’Eneo, oggi parte integrante della città, ma allora cittadina a sé stante.
Nessuno dei due schieramenti pareva intenzionato a far precipitare gli eventi: a Fiume le diverse etnie avevano convissuto pacificamente per decenni, anzi, per secoli, cementando una solida civiltà plurietnica, tale da determinare in ciascuno la fiducia che le potenze alleate, una volta occupata la città, avrebbero dato soddisfazione alla propria parte politica.
A metà novembre, tuttavia, la situazione sembrò precipitare; infatti, arrivarono da Zagabria due battaglioni della I^ divisione volontari dell’esercito regolare serbo, comandati dal tenente colonnello Maksimovic, che immediatamente occuparono i principali punti strategici, incluso il palazzo delle Poste di via del Corso, ubicato proprio di fronte alla Torre civica.
La sera del 16, presso gli sportelli della posta iniziò la timbratura di sette francobolli ungheresi sovrastampati “S.H.S.” (Srbija, Hrvatska, Slovenija).
Il giorno successivo i francobolli vennero messi in vendita dal mattino e ne continuò la timbratura filatelica sino al primo pomeriggio.
Non esiste, se non eccezionalmente, alcun uso postale effettivo di questi francobolli, essendo il servizio corrispondenze quasi completamente paralizzato.
La soprastampa, allestita dalla litografia Steinbauer, venne realizzata tipograficamente, in grandi quantità, anche su numerosi altri valori, emessi in Croazia alcuni giorni dopo; nella zona di Fiume vennero messi in distribuzione i soli sette valori da 2, 3, 5, 6 e 15 filler “mietitori”, 10 e 20 filler “Carlo”.
Come mai i militari croati portarono al seguito i sette francobolli sovrastampati “S.H.S.”, anticipando persino i tempi dell’emissione?
Evidentemente non per esigenze postali, né tantomeno belliche, ma per motivi squisitamente propagandistici: si doveva dimostrare che Fiume non era più assoggettata all’Austria Ungheria, ormai sconfitte, né condivideva le proprie sorti con quelle di un impero in via di dissoluzione. Fiume era ora una città Croata, sotto l’autorità del Regno S.H.S.
Non mancò neppure la contropropaganda; l’acronimo S.H.S. stava a significare Srbija, Hrvatska, Slovenija, ma, riferisce il Corriere Filatelico dell’epoca:
“I soliti maligni hanno già trovato a ridire sulle tre lettere sigla della nuova Nazione e ci riferiscono che S H S verrebbe interpretato in Croazia come Srbia Hoce Sve (La Serbia vuole tutto!!!).”
L’occupazione croata fece rompere ogni ulteriore indugio agli alti Comandi alleati, che nel tardo pomeriggio del 17.11.1918 iniziarono l’occupazione militare terrestre, contemporaneamente allo sbarco dei marinai dalle navi in attesa nel porto.
Accanto ai militari italiani, si insediarono in città contingenti americani, inglesi e francesi.
Apprendiamo ancora, dalla corrispondenza di A. Vazzo sul Corriere Filatelico:
“…omissis… la italianissima città fu nei primi giorni occupata dagli jugoslavi che cogli altri uffici si impossessarono di quello postale obbligando ad impiegare i francobolli ungheresi rimasti. Questo durò fino al 17 novembre, alla mattina di quel giorno gli jugoslavi misero in vendita allo sportello dell’ufficio postale i loro francobolli , cioè quelli ungheresi soprastampati S.H.S.
Alla sera del 17 novembre, allorché le truppe italiane entrarono in città da cinque punti principali, sparirono da Fiume gli Jugoslavi e dall’ufficio postale i loro francobolli. …omissis…”
Il Corpo di Occupazione Interalleato di Fiume (C.O.I.F.), da quel momento massimo organismo di potere, aveva compiti di sicurezza ed ordine pubblico.
Esso non poteva, però, occuparsi della gestione economica ed amministrativa di un’intera città.
I relativi poteri vennero affidati al Consiglio Nazionale Italiano di Fiume, autorizzato anche all’emissione di francobolli propri, purché privi di simbologia politica.
A tale proposito leggiamo su Il Corriere Filatelico del 1.4.1919:
“… omissis… Si inventariarono … (i francobolli – n.d.r.) ungheresi rimasti invenduti e si pensò di utilizzarli con una stampigliatura. Per non creare dei dissidi e dei malumori fra i comandi delle potenze interalleate che trovansi a Fiume, fu scelta semplicemente la parola FIUME. …omissis…”.
Le circostanze che indussero le autorità ad autorizzare le soprastampe sono efficacemente ricordate da un testimone d’eccezione, protagonista degli avvenimenti ed autorevole politico dell’epoca, Attilio Depoli:
“… omissis… per l’affrancazione delle corrispondenze si adoperavano, nel primo periodo, i francobolli ungheresi di cui era rimasto un discreto deposito, ma per dare anche a questo servizio, rimasto nelle mani del Consiglio Nazionale, una certa regolarità, …omissis… fu deciso di applicare ai francobolli disponibili, in soprastampa, la parola Fiume: per le serie non complete e per i singoli pezzi si provvide con un punzone a mano, mentre per i fogli completi la stampigliatura fu eseguita a macchina.”
Il Depoli ci consente di comprendere anche le finalità perseguite dal Consiglio Nazionale italiano: si doveva
“… omissis … dare al mondo l’impressione dell’esistenza effettiva di uno stato disponente di un proprio governo …omissis…”
“Al mondo” veniva inviato un chiaro messaggio politico: Fiume non era più soggetta al nemico ormai sconfitto, bensì libera ed autonoma; nelle allegorie della successiva serie definitiva, il messaggio diverrà ancora più esplicito: l’unità all’Italia della città è ineluttabile.
L’incarico di eseguire il lavoro di stampa fu affidato ad Adolfo Kirchhofer, titolare della legatoria di libri A. Kirchhofer e Co., scegliendolo nell’elenco dei fornitori delle Poste, in quanto considerato “amico” del Consiglio Nazionale.
Vennero realizzate dapprima alcune prove di stampa, una delle quali recava un’aquila, stemma della città di Fiume; un’ulteriore prova venne effettuata sovrastampando quattro fogli del valore da 20 filler “mietitori”, con un vecchio timbro lineare “FIUME” in caratteri tipo “bastoncino”.
Benché le sovrastampe non fossero soddisfacenti, i francobolli vennero comunque messi in vendita agli sportelli “poiché il materiale era già contabilizzato”: a quei tempi non si poteva sprecare niente ed i conti dovevano quadrare!
Venne, quindi, data disposizione alla ditta Kirchhofer di effettuare sovrastampe di tipo sostanzialmente più fine.
Alla ditta venne anche affidata buona parte delle giacenze rinvenute ed inventariate presso le casse della Posta di Fiume 1, quelle della tesoreria centrale.
La Kirchhofer, che disponeva soltanto di attrezzature manuali e di una piccola pedalina, provvide, a sua volta, a subappaltare il lavoro allo stabilimento tipografico Wadasz e Caravanich, proprietario di una moderna macchina tipografica Urania, munita di motore a benzina, che consentiva di stampare sino ad 800 copie l’ora.
Ciascun foglio era costituito da cento francobolli e portava, sui margini corrispondenti alle righe orizzontali e verticali, l’indicazione di prezzi crescenti, in alto e a sinistra, e decrescenti, in basso e a destra, in modo da permettere di calcolare con facilità il costo delle singole parti.
Occorreva, pertanto, predisporre tavole di cento stereotipi, utilizzando cento caratteri di ciascuna delle cinque lettere costituenti la parola Fiume.
Dovendo dare visibilità alla soprastampa, si utilizzarono caratteri tutti maiuscoli, alti 3 mm., di dimensione maggiore rispetto a quella normalmente utilizzata per le pubblicazioni a stampa.
La tipografia non ebbe certo facilità a reperire il necessario materiale da stampa in quantità e condizioni tali da garantire un lavoro sufficientemente curato.
Guglielmo Oliva sostiene “…omissis… che la scelta di un carattere tanto corrente sia stata imposta dal fatto che esso fosse il solo disponibile in quantità sufficiente”.
E’ certamente vero che la scelta di caratteri tanto semplici abbia favorito le numerose falsificazioni succedutesi nel tempo, ma occorre anche riconoscere come il minimalismo della scelta abbia prodotto risultati apprezzabili sotto il profilo estetico.
La soprastampa si presenta, infatti, nella prima tiratura, precisa, fine, pulita, di giusta dimensione, delicata e piuttosto elegante; l’inchiostro è di un nero grigio “matto” e si presenta secco, con piccole falle bianche.
Il 2 dicembre il lavoro tipografico riguardante una prima tiratura, venne completato e fu possibile consegnare alle Poste, prima della chiusura, alcuni valori pronti per l’emissione. E’ assai probabile che la distribuzione di questi valori sia iniziata il giorno stesso e la vendita sia poi proseguita agli sportelli per l’intera emissione ed in modo metodico a partire dalla mattina del 3. I primi usi postali sinora noti risalgono, invece, al 4 dicembre.
Agli sportelli vennero messi in vendita complessivamente 24 valori diversi: 3 francobolli di beneficenza emessi nel 1916/1917, venduti senza sovrapprezzo, 9 valori tipo “mietitori”, 7 tipo “Parlamento”, 3 tipo Carlo e Zita e 2 per giornali e stampe urgenti.
Nella prima tiratura era compreso il 40 filler oliva, realizzato in soli 400 esemplari. Questo esemplare, di prima tiratura è, pertanto, assai poco comune.
Non venne ceduto al pubblico, invece, il 10 corone tipo “Parlamento”, di cui erano stati stampati solo 50 esemplari. Questo francobollo, come chiarisce Leopoldo Kronik, illustre filatelista austriaco, testimone dell’epoca, venne “… omissis… distribuito nelle stanze della Posta tra gli impiegati postali ed alcuni collezionisti”.
Gli esemplari di prima tiratura del 10 corone sono quindi molto rari ed in grandissima parte riconosciuti e periziati.
Caratteristica di una parte della prima tiratura è la varietà, “F UME”, presente su valori di piccolo formato in posizione 63 o, più raramente 32 del foglio di 100.
Esistono altre piccole varietà di riporto dei caratteri tipografici; esse si ripetono, per lo più, anche nelle tirature successive.
Le posizioni nella composizione sono variabili: è probabile che alcune zone della tavola dovessero essere ricomposte con una certa frequenza a seguito di operazioni di pulizia o di altre manutenzioni.
Mi limito ad enumerare le principali, con riserva, in quanto lo studio delle composizioni è ancora in corso:
- “U” difettosa in alto a destra (c.d. “U” corta), nelle posizioni 89 o 88 della I^ tiratura e 88, oppure 60, o 29 ed ancora 89 della II^ tiratura. Si trova anche in tirature successive;
- “F” rotta in alto ed affondata, nelle posizioni 54 del formato piccolo e 74 del formato “Parlamento” della sola I^ tiratura, in quanto il disallineamento venne presto corretto;
- “F” rotta in alto, in posizione 5 del formato piccolo e 74 del formato “Parlamento” della I^ tiratura e poi 5, oppure 15, 25, 35 o 45 in una parte della II^ tiratura. La F rotta in alto si trova anche in tirature successive.
- “I” difettosa – evanescente, in posizione 86 o 89 del formato piccolo ed 86 del formato “Parlamento”;
- “U” rotta in basso a destra, in posizione 74 o 56 del formato piccolo verticale, 56 del formato “segnatasse” e 94 del formato “Parlamento”.
Il successo dell’emissione fu da subito travolgente: tutti, a Fiume, in Italia e persino all’estero vollero entrare in possesso di un ricordo filatelico di quei momenti così ricchi di passione politica, quando l’esito della passione irredentistica sembrava doversi compiere e l’unione all’Italia pareva imminente. La serie andò a ruba tra i collezionisti ed anche tra i non collezionisti.
Il 2 dicembre, contestualmente alla comparsa dell’emissione agli sportelli postali, sulla stampa locale venne pubblicato un avviso al pubblico con il quale la Posta annunciava la possibilità di scambiare agli sportelli, i francobolli ungheresi, con quelli sovrastampati.
Iniziò tempestivamente, inoltre, la stampa di una seconda tiratura su materiale costituito dalle giacenze di francobolli ungheresi degli uffici minori e da quello raccolto con le operazioni di scambio.
La Direzione delle Poste, inoltre, rilevato che su alcuni valori, specialmente di colore scuro, la stampa della prima tiratura era poco visibile, suggerì una maggiore inchiostrazione.
Il tipografo utilizzò un inchiostro nero intenso, di qualità variabile e piuttosto scadente.
Venne usato un tipo più coprente rispetto alla prima tiratura; durante l’uso tendeva a provocare qualche piccolo spruzzo intorno ed a debordare leggermente.
Quando la miscela era tale da produrre stampe di tipo “matto”, sporcava molto i caratteri attorno ai margini delle lettere, lasciando un’impronta ben visibile ma poco nitida, come il gesso sulla lavagna.
La pulizia delle tavole da stampa, inoltre, non fu costante e questa circostanza favorisce la riconoscibilità della II tiratura.
Non sempre la distinzione tra le due tirature è agevole; lo specialista che intenda distinguerle, selezionerà, pertanto, i francobolli ascrivibili con certezza alle stesse, tralasciando quelli “intermedi” non chiaramente identificabili.
Guglielmo Oliva fa osservare come, a differenza della prima stampa, effettuata su fogli tutti eguali, in pacchi, tosati uniformemente, la seconda avvenne su fogli sciolti, provenienti da diversi uffici o presentati al cambio dai privati.
A suo dire, le frazioni di foglio vennero riunite con pezzetti di carta gommata, in modo da coprire l’intera tavola di stampa.
Tutto ciò rallentò sensibilmente il lavoro del tipografo, il quale non poté utilizzare appieno le potenzialità della macchina Urania.
I francobolli di seconda tiratura comparvero agli sportelli dal 6 dicembre e la stampa proseguì sino al 12, data alla quale, secondo il resoconto del Kronik, “gli stampi furono distrutti”.
La seconda tiratura comprende tutti i francobolli già enumerati a propositi della prima, con alcune integrazioni: i segnatasse con cifre nere da 6, 12 e 50 filler, quelli con cifre rosse da 1, 2, 5, 6, 10, 12, 15 e 30 filler, oltre al rarissimo 10 filler cifre colorate con soprastampa capovolta, realizzato in soli 50 esemplari.
Quest’ultimo, tuttavia, non venne venduto agli sportelli al pari del rarissimo 10 corone, stampato in soli trenta esemplari e dei più rari tra i segnatasse: 1, 15 e 30 filler cifre rosse, 6 e 12 filler cifre nere.
Di questi tagli venne fatta incetta tra impiegati e consulenti filatelici.
In materia filatelica, su Fiume, c’è ancora molto da scoprire. Un primo esempio è quello dell’emissione dei segnatasse con cifre nere. Attenzione: esistono rarissimi pezzi sovrastampati in tipografia con filigrana tipo A e tipo B, alcuni non ancora catalogati!
Altro caso è quello del francobollo ungherese per giornali da 2 filler arancione, normalmente non dentellato, ma noto anche nella versione con perforazione. Ci avverte il catalogo Michel che si tratta di perforazione “privata”.
Dobbiamo dedurne che esso venne acquisito dalle poste di Fiume tramite lo scambio agli sportelli e che la sovrastampa, successivamente appostavi, è della seconda tiratura, anche se sporadicamente si rinviene con stampe sottili assai sottili e pulite.
E’ conseguentemente evidente che il non comune pezzo, non può essere catalogato come “varietà”, neppure per amore di semplificazione, ma, date le peculiarità e la particolare origine va considerato un francobollo “tipo”.
Un’ulteriore curiosità prima di passare alle sovrastampe a mano.
Inizialmente, osservando le numerose varietà della “provvisoria”, pensavo che esse fossero frutto di piccoli abusi in fase di preparazione o di distribuzione del materiale.
Mi sono, però, convinto, approfondendo l’argomento, che esse furono causate in gran parte dalla scarsa dotazione di mezzi e di esperienza dei laboratori tipografici e, per quanto riguarda le stampe a mano, dall’uso delle maschere necessarie per apporre le sovrastampe ben allineate, che impedivano la libera visione del materiale da lavorare.
I francobolli con errori, inoltre, non poterono essere scartati, contrariamente a quanto avverrebbe attualmente; il materiale ungherese, infatti era tutto inventariato e contabilizzato, di modo che il tipografo dovette restituirlo tutto, anche quello riuscito male, in modo da non doverlo ripagare.
Come precedentemente accennato, parte del materiale, quello difficilmente compatibile con le macchine da stampa, strisce, blocchi, pezzi singoli ed anche numerosi fogli interi, venne sovrastampato a mano.
Il lavoro venne eseguito direttamente presso il laboratorio della ditta appaltatrice, la Kirchhofer.
I timbri, di sei tipi diversi, erano costituiti da caratteri mobili, racchiusi in appositi compositoi e la punzonatura aveniva tramite quadri o maschere, costituiti probabilmente da superfici in cartone pesante o in legno, con delle fessure di dimensione adeguata al punzone, in modo che le sovrastampe risultassero ben allineate.
Gli inchiostri sono di colore grigiastro; pur mantenendo un aspetto piuttosto “matto”, presentano qualche accenno di lucidità verso i margini e risultano a volte debordanti, abbastanza trasparenti e generalmente meno secchi rispetto ai tipografici.
Quanto alle caratteristiche dei diversi “tipi”, non posso qui entrare in profondità.
Senza entrare nel dettaglio, si può dire che il I° tipo si distingue per i danneggiamenti che lo interessano ed in particolare per la c.d. “E” corta alla basea destra; Il II° presenta caratteri della medesima forma di quelli tipografici; il III° ha la “M” allineata alla base e larghezza di 13 mm.; il IV° ha lettere leggermente distanziate, di modo che la larghezza raggiunge i 14 mm., la “M” allineata alla base e la barretta intermedia dellla “F” e della “E” accostata a quella superiore; il V° tipo ha la M stretta e la base della “F” e della “I” prolungate a sinistra; nel VI° tipo, infine, la barretta intermedia della “E” è equidistante dalla barretta superiore ed inferione.
Vennero effettuate quattro forniture: il 6, il 16, il 20 ed il 23 dicembre. E’ verosimile che alcune stampe si siano protratte per qualche giorno presso l’Ufficio postale.
Il 28, tuttavia, la possibilità di scambio agli sportelli postali cessò definitivamente, come pure la possibilità di ulteriori forniture ufficiali.
Era necessario, infatti, porre rimedio alle attività di coloro i quali, in spregio ai divieti e speculando sulla fortissima svalutazione subita dalla corona ungherese dopo la fine del conflitto, importavano partite di francobolli ungheresi da munire di sovrastampe false o di favore, ottenendo così materiale pregiato.
I controlli, peraltro, erano praticamente inesistenti, in quanto la sovrastampa non serviva a dare valore legale ai francobolli ungheresi, essendo la valuta in corso ancora la corona ungherese, ma solo a trasmettere il messaggio di esistenza della nuova entità politica.
Adolf Kirchhofer era stato scelto quale appaltatore del lavoro di stampa dell’emissione provvisoria in quanto “amico” del Consiglio Nazionale; questo, però, non gli impedì di effettuare lavorazioni anche all’insaputa delle Poste, fin dopo i termini stabiliti.
Si deve ritenere, infatti, che il quadro di stampa tipografico fosse stato distrutto scomponendo i caratteri, ma non tramite fusione o altri metodi di distruzione definitiva, così come i punzoni per la stampa manuale dovettero comunque rimanere nella disponibilità di impiegati poco scrupolosi e dello stesso stampatore.
All’inizio di gennaio i francobolli sovrastampati si stavano esaurendo, mentre fortissima rimaneva la richiesta.
I francobolli, reperiti in territorio croato venivano consegnati direttamente da privati alla tipografia e da questa restituiti agli stessi dopo la lavorazione.
Così nacquero pezzi molto importanti, vere perle di alcune collezioni fiumane.
E’ il caso dei c.d. “non emessi”, il 4 filler “mietitori”, “Carlo e Zita” da 15, 25 e 40 filler, realizzati, come chiarito da Leopold Kronik, per consentire ad alcuni speculatori di “poter completare le loro serie e poter fornire speciali serie stampate a mano”.
Stessa genesi per i rarissimi segnatasse con cifre nere da 1, 2, 5 10 e 20 filler.
Contestualmente i citati speculatori si adoperarono per ottenere rari ibridi e varietà su valori già disponibili in circolazione, quali sovrastampe con lettere mancanti o sostituite, ad esempio sovrastampe del IV° tipo con lettera “E” simile a quella del VI° tipo.
Tra i tipografici appartengono a queste stampe “successive”, realizzate sulla pedalina della tipografia Kirchhofer, la grande maggioranza dei 10 corone tipo “Parlamento” oggi circolanti anche con certificato peritale, distinguibili, ma con grande difficoltà, in assenza di confronti certi, dai 50 + 30 pezzi delle prime due tirature.
Altrettanto dicasi per molti dei segnatasse rari.
Discorso a parte andrebbe atto per il 10 filler sia con cifre colorate, sia con cifre bianche, muniti di sovrastampa diritta.
Questi francobolli vennero ignorati sino a tempi recenti, forse in quanto il Circolo Filatelico fiumano non ne era a conoscenza; ho ritenuto, personalmente, a lungo, che appartenesse alle c.d. tirature successive.
Più di recente, tuttavia, a seguito di alcuni rinvenimenti, mi sono convinto che vennero stampati nella fase iniziale della seconda tiratura.
Il numero di esemplari sovrastampati di questi non comuni francobolli, rari se nuovi con gomma integra, dovrebbe ammontare complessivamente a 500 esemplari, stando alle cifre fornite da Leopold Kronik, oggi in buona parte dispersi.
Esistono in varie gradazioni di colore ed anche con sovrastampa capovolta, ma non vanno confusi con il già menzionato 10 filler con sovrastampa capovolta appartenente alla II^ tiratura, assai più raro e con caratteristiche molto diverse.
Si dice che il tempo lenisca tutti i mali e così è stato anche per le emissioni manuali e le tirature tipografiche “successive”.
In definitiva, gran parte delle lavorazioni realizzate nella fase finale della commessa, anche se collegate a qualche irregolarità formale, costituiscono oggi un tutt’uno con il materiale regolare.
Questi pezzi, che sulla base di criteri di rigidità potremmo considerare non ufficiali, trovano massima considerazione nel mondo filatelico.
Personalmente ritengo corretto annoverarli tra gli originali di “tirature successive” per almeno tre motivi: 1) vennero realizzati con caratteri ed inchiostri originali; 2) vennero realizzati all’epoca dallo stampatore incaricato; 3) vennero regolarmente accettati dalle Poste in base alle disposizioni allora vigenti, dato che la moneta ufficiale era la corona ungherese, divisa in filler e che la sovrastampa serviva a trasmettere un messaggio politico e culturale e non a dare ufficialità all’emissione.
Essi sono oggetti di grande interesse ed anche di rilevante valore economico: vengono trattati come gemme delle nostre collezioni, essendo destinati a rimanere tali.
Ritengo, tuttavia, necessario che anche i cataloghi, nonostante le esigenze di semplicità, facciano uno sforzo per aggiornarsi, ponendo fine ad una situazione equivoca.
Un 40 filler tipografico tipo “mietitori” di I^ tiratura vale molto di più di un 40 f. di seconda tiratura; un 10 corone tipografico attribuito con certezza alla prima o alla seconda tiratura è molto, ma molto più raro di un 10 corone di tiratura successiva e così via.
Essi dovrebbero, a mio parere, prevedere almeno una annotazione riguardante le tirature “successive” e quotazioni distinte per alcuni pezzi chiave.
Dal gennaio 1919 i francobolli provvisori scarseggiavano ed alla fine di gennaio presso gli sportelli postali era reperibile il solo taglio da 20 filler.
In questa situazione di penuria vanno inquadrati i frazionamenti di alcuni valori e l’emissione di c.d. “francobolli ausiliari”.
Spiega il Kronik:
“Per risparmiare tempo, la popolazione inviava le lettere in città semplicemente senza affrancatura. Per questo la tassa era di 30 f. Le scorte limitate di 10 e 5 f. (di francobolli per segnatasse – n.d.r.) finirono prestissimo e si rimediò con i singoli pezzi privi di stampa rimasti e con rimanenze di foglio di ogni valore.
Per poter effettuare almeno un servizio minimo, il 6 gennaio la Direzione delle Poste dispose che si usassero i 20 f. dimezzati. Questi francobolli sostitutivi furono utilizzati fino al 10 gennaio dall’ufficio postale I e fino al 23 gennaio dall’ufficio postale V. Dopo tale data le lettere furono marcate con una T e delle cifre (senza francatura).”
Si stima che detti frazionamenti, abbastanza facilmente reperibili, ammontino a circa 250 pezzi; molto rari, invece, i frazionamenti abusivamente realizzati a Fiume 5 con francobolli ordinari “su istigazione filatelica” ed immediatamente vietati dalla Direzione delle Poste.
Quanto ai “francobolli ausiliari”, così chiamati dalla storiografia austriaca, il loro scopo fu quello di dare ausilio, cioè aiuto, ai provvisori, per le impellenti esigenze postali, in attesa delle prime forniture di francobolli dell’emissione definitiva, c.d. “autonoma” o anche “allegorie e vedute”, in corso di stampa a Trieste.
Vennero approntati a partire dal 19 gennaio e man mano venduti agli sportelli sovrastampando a mano “Franco 45”, tariffa della raccomandata in porto semplice, i più comuni dei segnatasse provvisori: quelli da 6 e da 20 filler. I primi usi postali risalgono al 20 gennaio.
Per evitare ogni acquisto speculativo, gli sportelli non potevano metterli in vendita, bensì dovevano applicarli direttamente sulle lettere raccomandate consegnate per la spedizione, accettando contestualmente un massimo di cinque lettere per ciascun mittente.
Pochi giorni dopo, il 29, esauritisi anche i pezzi da 15 filler, corrispondenti alla tariffa della lettera per città, venne sovraccaricato il francobollo da 10 filler, violetto, emesso in Ungheria nel 1916, per il servizio, ormai inattivo, dei risparmi postali.
Inutile dire che anche questi valori risultarono assai ricercati e di essi si fece un amplissimo uso filatelico.
La validità postale dell’emissione provvisoria terminò alla metà aprile del 1919. E’ del 15 aprile, infatti il decreto con cui il Consiglio Nazionale Italiano stabilì l’introduzione, con effetto dal giorno 19 dello stesso mese, della “corona fiumana”, divisa in centesimi.
Da tale data eventuali scorte di francobolli sovrastampati il cui valore fosse espresso in corone ungheresi o filler furono inutilizzabili. Non a caso diverse spedizioni di noti filatelisti dell’epoca vennero effettuate su bustine viaggiate nel mese di aprile, sino alla data limite del 15.
Qualche considerazione finale sui falsi, con cui, ovviamente, il materiale di cui si è sin qui trattato, nulla ha a che fare.
Essi sono di diverso tipo, molti realizzati già all’epoca, riguardano tutte le emissioni ed hanno avvelenato, come noto, il settore fiumano, scoraggiando molti collezionisti.
E’ giunto però il momento di sgomberare il campo da ingiustificati timori e pregiudizi: molti dei falsi, per fortuna, sono realizzati rozzamente; altri sono ormai ben classificati ed individuabili.
Nel mio libro “Fiume 1918 – 1924 I servizi postali e la filatelia tra vicende storiche e vita di tutti i giorni” (reperibile tramite il sito web www.fiumefil.com) si trova un’ampia rassegna, con chiare immagini, delle principali falsificazioni, sulla base della quale sarà possibile scremare gran parte del materiale che si trova in commercio, spesso, a prezzi troppo modesti per essere credibile.
Per i pezzi più importanti, sarà comunque necessario munirsi di perizia.
I francobolli di Fiume possono essere dunque collezionati prestando un po’ di attenzione e con le medesime cautele di tutti gli altri settori filatelici.