Persa la battaglia del Piave, finita l’interminabile guerra di trincea, la ritirata austro-ungarica tra ottobre e novembre 1918 diviene precipitosa. Le truppe italiane si insinuano in profondità nei territori già dominati dall’impero ed occupano le terre redente. La città di Fiume, come noto, è fuori dalla linea dell’armistizio; solo a partire dal 17 novembre vi mettono piede contingenti del Corpo di Occupazione Interalleato composto in gran parte da militari italiani, ma anche da Inglesi, Francesi e da una piccola unità americana. Nasce in tal modo una nuova entità territoriale autonoma.
Il passaggio dalla vecchia alla nuova situazione giuridica non è semplice: il porto non rappresenta più lo sbocco a mare dei territori interni di un grande Stato; l’economia postbellica è in sofferenza; la partenza di molti impiegati ungheresi ha messo in crisi gli uffici pubblici; la corona ungherese, seppure svalutata, mantiene ancora il corso ufficiale, ma la città piomba nel caos valutario.
Sul piano politico, l’incertezza circa i futuri assetti politici si mescola all’aspirazione a riunirsi all’Italia.
Inoltre, il desiderio di comunicare al mondo l’esistenza della nuova entità statale, recidendo ogni legame con i simboli delle popolazioni sconfitte, è fortissimo: già il 2 dicembre, ottenuta l’autorizzazione del Comando interalleato, su decisione del Consiglio Nazionale, vengono messi in vendita i primi francobolli provvisori.
Si tratta dei francobolli ungheresi, in fogli completi, rifilati in modo uniforme, provenienti dalla Cassa centrale delle Poste. Essi sono muniti di soprastampa tipografica “FIUME”, realizzata con moderna macchina da stampa “Urania” presso lo stabilimento tipografico Vadasz e Caravani, subappaltatore della locale ditta Kirchhofer.
La soprastampa è fine, precisa, di colore nero grigiastro.
Il successo filatelico dell’emissione è enorme: prevedendo il veloce esaurimento della prima fornitura, le Autorità dispongono una seconda tiratura, raccogliendo tutte le giacenze dei francobolli ungheresi disponibili anche negli uffici minori ed autorizzando lo scambio agli sportelli di valori soprastampati con altri privi di soprastampa.
L’annuncio della possibilità di scambio, pubblicato sul quotidiano "La Bilancia" e su altri giornali locali sin dal 2 dicembre, non prevede alcuna limitazione: vengono accettati anche parti di foglio e francobolli singoli.
Il materiale minuto viene trattenuto dalla ditta appaltatrice, la Kirchhofer, per la soprastampa manuale con caratteri simili a quelli usati in tipografia. I fogli interi vengono, invece, avviati alla tipografia Vadasz.
La soprastampa tipografica risulta più marcata, realizzata con inchiostro di colore nero intenso, ma di bassa qualità: esso sporca molto i caratteri di stampa.
La macchina Urania, di cui dispone la tipografia Vadasz, tuttavia, non è molto adatta alla lavorazione di fogli non rifilati o ricomposti. Si deve, quindi ritenere, che, esaurito il grosso del contingente trasmesso dalle Poste, l’appaltatore pretenda la consegna della composizione di stampa per proseguire in proprio anche il lavoro tipografico sulla piccola "pedalina" di cui è dotato.
I valori della seconda tiratura vengono posti in vendita agli sportelli a partire dal 6 dicembre. Quel giorno, quindi, la Vadsz, terminata la commessa, ha già ceduto la composizione tipografica alla Kirchhofer. Quest’ultima può farne uso, sulla macchina a pedali, sino al 12, quando la tavola di stampa viene distrutta. La soprastampa a mano prosegue, invece, sino al 23 dicembre 1918, data alla quale viene effettuata l’ultima delle quattro consegne ufficiali.
Nonostante l’asserita distruzione della composizione, i caratteri tipografici rimangono nella disponibilità della ditta Kirchhofer. Alcuni dei punzoni manuali, vengono affidati, inoltre, agli sportelli postali, restando ammesso lo scambio presso gli stessi sino al 28 dicembre. Dal 29 le Autorità ne vietano la prosecuzione, onde evitare gli abusi sempre più frequenti: gli speculatori, infatti, acquistano partite di carte valori in moneta ungherese svalutata e le fanno sovrastampare, rivendendole, con notevoli ricarichi, per uso filatelico.
Il divieto non sortisce, tuttavia, gli effetti sperati: l’appaltatore del servizio, infatti, prosegue l’attività di stampa, all’insaputa delle Poste, fiancheggiato anche da qualche impiegato infedele, ben dopo i termini stabiliti. Le irregolarità vengono perpetrate sia con i caratteri tipografici originali, riuniti in nuova composizione, sulla già citata “pedalina”, sia con punzoni manuali.
Non deve meravigliare che in tale contesto vengano create “varietà” e diverse “rarità” di massima grandezza, tra cui il 4 filler “mietitori”, i c.d. “non emessi” con effigie di Carlo e Zita, alcuni segnatasse “cifre nere”, pezzi realizzati per completare le serie con valori ormai esauriti a Fiume.
Stampe “successive” alla II tiratura proseguono sino agli inizi di febbraio, quando la speculazione si attenua, per terminare il 18 aprile, con la cessazione della validità postale dell’emissione in filler e corone ungheresi, soprastampata “Fiume” e l’introduzione della nuova valuta: la corona fiumana.
Alcune stampe “successive” sono state in qualche misura riabilitate nel tempo da vari autori, incluso l’Oliva; si pensi, ad esempio, proprio ai c.d. “non emessi”. Altri valori sono stati scoperti man mano. Altri, infine, sono rimasti a lungo banditi dalla filatelia ufficiale.
Il fenomeno non va, ovviamente, confuso con quello, totalmente differente, dei falsi realizzati all’epoca. Per la realizzazione di questi ultimi venne utilizzato materiale non originale, agevolmente distinguibile da periti e collezionisti accorti.
Non tutti i francobolli fiumani sono collocabili con certezza tra le tirature “ufficiali” piuttosto che tra quelle realizzate nei primi mesi del 1919. Non siamo in grado ad esempio, a distanza di oltre novant’anni, di distinguere, tra i sei tipi di sovrastampe a mano, quali siano stati commissionate dalle Poste e quali no.
Non aiuta a raccapezzarsi neppure la testimonianza dell’illustre filatelista Karl Kronik, ufficiale austriaco trattenutosi per alcuni mesi a Fiume dopo la fine della guerra. Costui ebbe sentore delle irregolarità e le denunciò con forza, ma trinceratosi in una rigidità eccessiva, equivocò il concetto di “privatmarken”.
Egli, cioè, ritenne “privati” tutti i francobolli soprastampati non rientranti nelle dotazioni originarie delle Poste. Non considerò, invece, la necessità di aggiungere a quelle originarie anche le dotazioni di francobolli scambiati agli sportelli, sulla base di precise disposizioni delle Autorità postali. In tal modo confuse pere con mele, ritenendo privati diversi valori perfettamente regolari e non solo quelli conferiti da privati direttamente allo stampatore, al di fuori delle regole.
Qualche chiarimento in più si ottiene riesaminando il Catalogo storico descrittivo dei due maggiori esponenti del Circolo filatelico fiumano operante in città all’epoca: Vincenzo Antoniazzo ed Umberto Riccotti. Essi denunciarono i fatti, seppure in termini abbastanza generici, in una succinta nota al termine della classificazione dell’emissione provvisoria. Ancora più intensa ed esplicita la denuncia di altro contemporaneo, Herbert Munnk, in calce alla parte su Fiume del "Kohl Briefmarken Handbuk", edito nel 1928.
Oggi, la distinzione tra francobolli di tirature regolarmente commissionate oppure realizzate su richiesta di privati, è solo accademica. Alcuni pezzi di “emissioni successive” alla II tiratura, sono entrati a far parte a pieno titolo della storia della filatelia fiumana.
Si tratta di valori anche assai importanti. Nessun collezionista avrebbe la tentazione di eliminarli dalle proprie collezioni; al contrario vengono ricercati con interesse ed acquistati con spese molto rilevanti.
L’ampio chiarimento sulla verità storica è indispensabile per classificare correttamente una delle massime rarità tipografiche: il 10 filler “mietitori” cifre colorate, unico francobollo con soprastampa capovolta da sempre considerato e catalogato come francobollo “tipo”.
In base alle caratteristiche tecniche, in particolare all’inchiostro matto con cui fu soprastampato un mezzo foglio, esso non è ascrivibile alle “tirature successive” realizzate dalla ditta Kirchhofer, bensì alla II tiratura commissionata dalle Poste.
Spiega Guglielmo Oliva:
“Esso fu abbinato ad un mezzo foglio del 40 filler e, preoccupandosi di mantenere il margine dallo stesso lato, non si badò che il francobollo rimaneva capovolto rispetto al compagno …omissis… Il solo mezzo foglio, con cifre colorate, che ricevette la sovrastampa tipografica, doveva anche risultare capovolto”.
La ricostruzione dei fatti circa la nascita del pezzo è fondata: basta un accurato esame tecnico e lo si desume con sufficiente tranquillità.
L’inchiostro è scarsamente grasso, i caratteri sono parecchio sporchi, tanto da mostrare quasi sempre un diffuso effetto “gesso” in corrispondenza degli angoli delle lettere, soprattutto in alto. Si tratta delle identiche caratteristiche di stampa riscontrabili su alcuni valori di piccolo formato a fine stampa, assai comunemente i 40 filler.
Il Kronik accumunandolo ad altri “Privatmarken” precisa come questi francobolli non furono venduti agli sportelli, ma “riconsegnati a chi li aveva dati”. Recentemente Carlo Ciullo fa il nome del conferente, individuato nella persona di Umberto Riccotti.
Sul fatto che Riccotti e suo tramite il Circolo filatelico, abbia intercettato questo francobollo, prima della messa in vendita allo sportello, non vi sono molti dubbi: buona parte delle buste o dei frammenti conosciuti sono in qualche modo associati ad esponenti del Circolo.
Poco importa, tuttavia, se esso provenisse dal rinvenimento in fondo a qualche cassetto delle poste o dal conferimento di un privato, eventualmente lo stesso Riccotti: i conferimenti erano regolarmente autorizzati. Oliva lo include, pertanto, correttamente, nel materiale inventariato.
Le fonti dell’epoca, prescindendo dalla personale concezione del Kronik di “francobollo privato”, sono concordi sull’esistenza di un’unica versione tipografica del 10 filler: quella del francobollo con cifre colorate e sovrastampa rovesciata.
In tal senso non solo il Catalogo Antoniazzo e Riccotti, ma anche il Munk ed a seguire la letteratura tedesca e croata. L’esistenza del valore è segnalata, inoltre, dal Corriere Filatelico del 1.4.1919 tra le varietà dell’emissione.
Il francobollo è di un rosso vermiglio chiaro, tendente al rosa: non esiste nella versione rosso carminio. In base alla posizione nella riga e nella colonna la centratura varia un po’ e questo favorisce anche un leggero progressivo spostamento della sovrastampa: comunque essa è tendenzialmente posizionata dal centro verso il basso e dal centro verso destra. La parola FIUME, infine, presenta sempre un’impercettibile inclinazione da sinistra verso destra.
Ne vennero stampati 50 pezzi in tutto; nuovi ne sono noti pochissimi; pochissime anche le buste. E’ conosciuta una striscia di cinque su lettera intestata Joseph Barbier – Fiume, indirizzata a Umberto Ricotti, una delle massime rarità di Fiume.
Nonostante l’unanime resoconto delle fonti dell’epoca, in alcune collezioni di Fiume, tuttavia, non è infrequente imbattersi in una seconda versione del 10 filler con cifre rosse, con sovrastampa diritta. Negli anni novanta lo studioso inglese Roy A. Dehn cita la vendita in asta Harmers di Londra di un pezzo certificato da Diena e Raybaudi, asserendone l’enorme rarità.
Più recentemente Carlo Ciullo ha osservato come il valore fosse già citato all’epoca da Karl Kronik in un suo primo articolo sul Der Universal Enzeiger del 15.3.1919 ed annoverato tra i “privatmarken”. La tiratura presunta veniva indicata in 500 pezzi.
Kronik, tuttavia, non ne faceva più menzione nella stesura del proprio articolo aggiornato in data 1.6.1919; non si tratta di amnesia: a mio parere l’autore austriaco aveva avuto notizia, al pari degli esponenti del Circolo Fiumano, degli eccessi dello stampatore. Coerente con la propria rigorosa visione della filatelia, ritenne di non doverlo più annoverare.
Le caratteristiche di stampa sono assai simili a quelle della seconda tiratura, ma ben diverse dal francobollo “tipo” con sovrastampa capovolta: l’inchiostro è nero vivo, meno secco; la tavola di stampa è abbastanza pulita e compare solo qualche piccolo spruzzo o macchiolina attorno alle lettere.
Da qualche anno il francobollo, proveniente dalle “tirature successive” realizzate con caratteri originali dalla ditta Kirchhofer, viene regolarmente catalogato, al pari del gemello con cifre bianche.
Inizialmente si è ritenuto si trattasse di pezzi molto rari, di cui erano conosciuti pochissimi esemplari, ma con il passare del tempo ci si è resi conto dell’esistenza di esemplari con cifre bianche e con cifre rosse, di diverse tonalità di colore. Infine, è stato individuata una varietà con sovrastampa rovesciata, peraltro non confondibile con il francobollo “tipo” le cui caratteristiche tecniche, come detto, sono assai diverse.
Si deve ritenere, in definitiva, che l’appaltatore abbia realizzato la tiratura “successiva” di diversi francobolli ungheresi da 10 filler con cifre rosse e con cifre bianche non rientranti nelle dotazioni delle Poste; il numero complessivamente sovrastampato potrebbe verosimilmente aggirarsi intorno ai 500 pezzi indicato dal Kronik, il quale ignorava come la sovrastampa avesse interessato anche il 10 filler “cifre bianche”.
Nel tempo molti pezzi sono andati persi, per cui questi valori non sono affatto comuni, ma neppure particolarmente rari, come inizialmente ritenuto.
Rimane così chiarito perché il francobollo con cifre colorate e soprastampa diritta, contrariamente a quanto si potrebbe ritenere, sia ancor oggi considerato un sottotipo di quello della seconda tiratura con soprastampa capovolta.