Nei giorni a cavallo dell'armistizio, nel novembre 1918, la confusione e la tensione politica, a Fiume, sono ai massimi livelli. Nel dubbio sul futuro della città, filo-italiani e filo-croati si fronteggiano da settimane, peraltro senza arrivare allo scontro, in attesa delle decisioni degli alleati, vincitori della guerra.
Il 14 novembre la situazione è sul punto di precipitare: si ha notizia, infatti, dell’imminente ingresso in città di due battaglioni serbi. Effettivamente il 15 arrivano da Zagabria due battaglioni della I divisione volontari dell’esercito regolare serbo, comandati dal tenente colonnello Maksimovic. Quest’ultimo assume anche il comando delle truppe croate, circa otto battaglioni, sino ad allora agli ordini del maggiore Teslic.
Questa mossa, che appare come una sfida all’Italia, convince il Governo Italiano ad autorizzare lo sbarco immediato dei marinai italiani. Il giorno successivo l’ammiraglio Cagni manda a Fiume il caccia Audace ed il regio incrociatore San Marco con un battaglione del 226° fanteria (brigata Arezzo) e 45 carabinieri, nonché il piroscafo requisito Karlsbad, con due battaglioni di marinai e 50 carabinieri. L’Audace trasporta anche un battaglione americano del 145° reggimento, in modo da rendere interalleata l’occupazione.
L’ammiraglio Rainer, però, anziché procedere allo sbarco immediato, in attesa dell’intervento di truppe di terra, preferisce prendere tempo ed aprire una trattativa con i comandanti croati, cercando di ottenerne l’evacuazione. I suoi tentennamenti contribuiscono a sminuirne il prestigio e favoriranno, pochi giorni dopo, l’avvicendamento con l’ammiraglio Giuseppe Ruggero.
L’occupazione delle truppe interalleate ha inizio nel tardo pomeriggio del 17 novembre. I primi reparti non incontrano alcuna resistenza; i croati si ritirano o, in ordine sparso, si affollano verso la stazione ferroviaria nel tentativo di salire su qualche convoglio e fare ritorno alle loro case.
Entrano in città, divisi in cinque colonne, battaglioni della III^ Armata, comandati dal generale San Marzano: i Granatieri di Sardegna, il Reggimento Piemonte di Cavalleria, il 6° Artiglieria da Campagna ed alcuni reparti di mitraglieri ed autoblinde. Le colonne convergenti da Volosca – Abbazia, da Castua e da S. Giovanni di Pehlin si riuniscono sul viale della stazione dove vengono accolte da un corteo festante. La colonna proveniente da Drenova scende da nord, supera il Palazzo del Governatore e si dirige verso Susak, da dove si sente qualche fucilata isolata, fatto che induce a proseguire l’avanzata in formazione da combattimento. La quinta colonna, aggirata la città da oriente, occupa Grobnico, Tersatto e da qui scende a Susak ed in alcuni paesi circostanti, dove pone propri presidi per misura prudenziale.
Contemporaneamente dalle navi sbarcano soldati e marinai: i primi dalla R. Nave S. Marco, seguiti dal piccolo contingente di fanti americani, precedentemente trasbordati sulla R. Nave Emanuele Filiberto, e via via dagli altri.
Il generale San Marzano si dirige subito al Palazzo del governatore, dove viene ammainata la bandiera croata ed issato il tricolore. Sul frontone del Palazzo viene anche esposta la bandiera americana a stelle e striscie. Il generale, inoltre, costituisce un Comando di occupazione interalleato.
L’entusiasmo dei fiumani è alle stelle. Ecco cosa scrive ai genitori un soldato italiano, il 19 novembre (1):
“In pace! In pace! …omissis…Ieri (come già saprete dai giornali) siamo entrati a Fiume, ancora i primi.
Non posso descrivere l’emozione che provai. Tutta la popolazione per le strade: uomini, donne, bimbi, bimbe, imbandierati col bel tricolore da capo a piedi, tutti fuori gridando, cantando: Viva l’Italia, viva gli Italiani, mentre da un altro lato cantavano i “Va fuori d’Italia, va fuori stranier!”
Fiori, baci, strette di mano, insomma, non sono capace di descrivere neanche la terza parte, ed ancora mi vengono le lagrime agli occhi per la commozione!
La mia compagnia ha occupato la stazione.
Migliaia di soldati di ogni razza, serbi, russi, boemi, croati, tutti che andavano alle loro case. In poche parole , vi dico che sono veramente con l’animo felice, perché ho assistito ai veri e reali fatti di vita. Ora mi trovo a Fiume. Stiamo mettendo l’ordine, perché fra tanti, c’è ancora il germe dell’Austriaco vigliacco! …omissis…”
Nel porto, nel frattempo, alle due navi già presenti, si è aggiunto un terzo cacciatorpediniere francese: il B.M. E’ giunta, in mattinata, anche la torpediniera d’alto mare inglese n. 19, che si è schierata presso le navi francesi. Le truppe di questi due paesi metteranno piede in città nei giorni successivi.
Proprio il 17 il Governo francese aveva autorizzato il generale Franchet d’Esperey ad entrare in Fiume con un battaglione francese ed un battaglione serbo, essendo la Serbia paese alleato dell’Intesa; i francesi, che contavano di occupare per primi la città, erano stati preceduti per un nonnulla.
Il corpo di spedizione francese, costituito prevalentemente da truppe di colore, occuperà poi una vasta zona portuale, allestendo i propri acquartieramenti presso i grandi magazzini del Punto Franco.
Il Governo di Parigi confida nella benevolenza del nuovo Stato dei Serbi Croati e Sloveni, per realizzare a Fiume una grande base navale e logistica per l’Armata d’Oriente e costituire una testa di ponte della politica francese verso il mediterraneo orientale.
Vede, pertanto, malvolentieri una forte presenza italiana a Fiume.
Questa malevolenza creerà molte difficoltà al contingente italiano e sarà ricambiata anche dalla popolazione italiana della città.
Il 25 novembre arriva a Fiume anche un battaglione di fanti inglesi.
Inizia l'occupazione interalleata che proseguirà sino all'impresa dannunziana del 12.9.1919.